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mercoledì 14 ottobre 2009

Clan Nuvoletta

Il nome del clan Nuvoletta comincia ad apparire insinstentemente nelle cronache cittadine quando si conoscono i principali artefici della Nuova Famiglia, l'organizzazione contrapposta al disegno cutoliano. Dopo dieci anni di latitanza, don Lorenzo Nuvoletta, il capostipite della famiglia, viene arrestato nel dicembre del 1990. «Complimenti, siete stati bravi» dice ai carabinieri. Lui è erede di una famiglia di latifondisti (i Nuvoletta, appunto) della zona di Marano , cittadina dormitorio a nord di Napoli, a ridosso della zona ospedaliera.Il nonno e poi la madre accumulano possedimenti terrieri, con coltivazioni di frutta, esportata in altre zone. Poi i contatti con la Sicilia, frutto di una parentela con la famiglia Sciorio. Le sue telefonate con il capomafia Luciano Liggio vengono più volte intercettate dai carabinieri. Di don Lorenzo parla anche il superpentito della mafia Tommaso Buscetta: «In Campania vi sono tre famiglie mafiose, guidate da Michele Zaza, Antonio Bardellino e dai fratelli Nuvoletta. Ma i campani sono rappresentati nella commissione, la cupola mafiosa, dal più anziano dei fratelli Nuvoletta, cioè da Lorenzo». Negli anni 90 don Lorenzo viene considerato, con Carmine Alfieri, l'espressione di capi collegati a «imprenditori mafiosi», come il giudice Paolo Mancuso definisce i costruttori maranesi Pasquale Liccardo e Domenico Di Maro. Eccone le caratteristiche tracciate dal magistrato: «L'imprenditore mafioso si distingue dal mafioso imprenditore, rappresentato dal capobanda che, come i Nuvoletta, si converte, acquisendone i necessari mezzi economici, ad attività imprenditoriali nelle quali investe i profitti delle proprie attività delittuose. L'imprenditore mafioso è invece colui che, già dotato di una propria struttura e professionalità imprenditrice, viene inserito nell'organizzazione al fine di razionalizzarne gli investimenti di capitale, di distribuirne i profitti tra i componenti, di fungere da cassiere cui far pervenire gli utili dell'organizzazione ed a cui attingere per ogni necessità della stessa».Aziende di calcestruzzo, imprese di pulizia, controllo di azioni di alberghi, edilizia, forniture di enti pubblici, finanziamenti della Cee per produzione agricola, allevamenti ippici: questo l'impero economico, ricostruito dagli inquirenti, del clan Nuvoletta. Un impero da 1200 miliardi di fatturato. Sono parte di proventi nazionali da attività illegali che il Censis, nel 1985, ha calcolato aggirarsi sui 100 mila miliardi. Ma, agli inizi degli anni Novanta, quelle cifre già sono lievitate a 120 mila miliardi. Di questi soldi, 40 mila miliardi sono profitti da traffico di stupefacenti e 30 mila miliardi da estorsioni. Fatturati da far invidia alla Fiat.Uso di prestanomi, buoni rapporti con le segreterie dei politici (con particolare riguardo agli assessori locali), intimidazione (spesso solo spendendo il nome del capoclan) di eventuali aziende concorrenti, prezzi concorrenziali per la disponibilità continua di liquidità (che non manca mai con i traffici illegali di droga e le estorsioni), rapporto paternalistico, e non sempre rispettoso degli obblighi previdenziali, con i dipendenti: queste le caratteristiche delle attività imprenditoriali gestite dal clan Nuvoletta. Un impero che ancora oggi, dopo la morte di don Lorenzo, sembra ancora forte ed influente, e non solo a Marano.

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